martedì 7 aprile 2020

La vita dopo il coronavirus

Prepariamoci alla sfida più grande, quella del cambiamento verso un mondo e una vita sicuramente nuovi, ma anche per certi versi migliori.

di Marco Padovese
La vita dopo il coronavirus

Ascoltiamo le voci di chi sta delineando il nostro possibile futuro.

A chi non piacerebbe avere una sfera magica e poter vedere il futuro che si prospetta? In questi giorni ho riflettuto molto su quale potrà essere il domani per ciascuno di noi e per le nostre attività. Ho avuto modo di leggere l’opinione di coloro che si sono esposti nel delineare possibili futuri scenari. Credo che sia interessante ascoltare le diverse visioni per poter poi trarre le nostre conclusioni. Denominatore comune sembra essere sicuramente il cambiamento. Scopriamo come.

Voce alla tecnologia emergente

Voce al giornalismo economico

Voce alla psicologia e alla filosofia

Voce al giornalismo su Blog

Conclusione

 

Voce alla tecnologia emergente

Gideon Lichfield, capo redattore della rivista di proprietà del Massachusetts Institute of Technology, una delle più importanti Università di ricerca del Mondo, traccia una visione dal taglio scientifico.

Si affida al rapporto dell’Imperial College di Londra che analizza i vari metodi di controllo della pandemia. In sintesi parla di “distanziamento sociale” e sostiene che l’esperienza che ci troviamo a vivere è destinata a cambiare il mondo. Tutti dobbiamo adattarci a un nuovo modo di vivere, di lavorare e di coltivare relazioni. Ad esempio, prevede che potremmo ricostruire “la capacità di socializzare in sicurezza sviluppando modi più sofisticati per identificare chi è a rischio di malattia e chi no”. A modificare saranno le nostre abitudini professionali, ma anche quelle legate al fare sport, o fare shopping o alla gestione della sanità pubblica o a viaggiare. “Si può immaginare un mondo in cui, per salire su un volo, forse si dovrà essere iscritti a un servizio che traccia i nostri spostamenti attraverso il telefono.” In realtà il mondo in cui viviamo ha già subito in passato diversi cambiamenti, e ora sta cambiando ancora. L’articolo dell’editor in Chief di MIT Technology Review termina con un pensiero rivolto alla vulnerabilità di quelle popolazioni più deboli già di per sé soggette a ingiustizie sociali. Mi associo a lui e condivido la medesima speranza che questo cambiamento possa indurre le grandi potenze a risolvere le differenze sociali già esistenti o quelle che stanno per nascere.

 

Voce al giornalismo economico

Danilo Taino, classe 1955, laurea in architettura, inviato speciale del «Corriere della Sera», nel ‘99 vincitore del premio Saint-Vincent per il giornalismo economico.

La visione che propone il giornalista ed economista è lucida e senza mezzi termini. Parte dal “distanziamento sociale” per arrivare a ricordare le grandi crisi del passato dopo la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. Fa emergere fin da subito un concetto chiave: “…dalle maggiori crisi si esce prima o poi in positivo, è sempre successo”! Ma prima di arrivare a descrivere questo concetto positivo analizza puntualmente quello che, il Mondo tutto, e l’Europa in particolare, rischia da questo cambiamento. “Rischiamo di restare con un mondo senza un Paese leader, probabilmente diviso in sfere d’influenza, una cinese e una occidentale. …. Una rottura della globalizzazione e della ragnatela di rapporti economici, tecnologici, scientifici, culturali, di viaggio che aveva avvolto il mondo nei decenni scorsi.” Ma continua poi con un inaspettato, ma allo stesso tempo atteso, “A meno che….” dal quale si definisce la sua visione del futuro.

La lotta alla povertà dovrà essere più efficace e quindi la crescita economica più robusta. I sistemi di welfare occidentali, antiquati, andranno probabilmente rivisti perché i già alti debiti degli Stati saranno ancora più alti dopo la crisi. I sistemi sanitari andranno rafforzati vedendo già oggi quali sono i modelli che meglio sanno rispondere all’emergenza. Il rapporto con la natura e la qualità delle città prenderanno una parte sempre maggiore nell’interesse dei cittadini. La scienza e l’istruzione saliranno nella scala dei valori sociali. La gente, come un secolo fa, avrà voglia di libertà non solo nei caffè ma anche nella cultura e nelle arti, per cancellare lo spavento e le tristezze.”

 

Voce alla psicologia e alla filosofia

Sergio Benvenuto (Napoli, 1948) è uno psicoanalista, filosofo e scrittore italiano.

Il filosofo Benvenuto introduce il suo “schizzo a sfondo profetico”, come lo chiama lui, battezzando questo momento storico con un nome “scientifico, “preso dal greco antico: estizzazione, da Estia, la dea del focolare domestico”.

Riporto alcuni tratti della sua profezia.

“L’emergenza insegnerà a molte aziende, anche piccole, che far lavorare i propri dipendenti da casa col computer è molto meno costoso per loro, e meno stressante per i dipendenti…… sempre più i professori terranno lezioni via skype a studenti che li seguiranno da casa. …..Alla rivoluzione skype si sommerà anche la rivoluzione Amazon e la rivoluzione Netflix, che vanno tutte nello stesso senso….. non si andrà più al cinema, si compreranno i film in rete…… Non si compreranno più libri di carta …. i libri verranno scaricati in ebook o su tablet….. In un mondo in cui la casa sarà ad un tempo la propria abitazione, il proprio ufficio e la propria sala cinematografica, l’architettura domestica cambierà radicalmente….. il contatto sociale…. nella società estizzata …. assumerà altre forme….incontreremo altre persone non perché siamo costretti a incontrarle (nell’ufficio, al cinema, nei negozi) ma perché vogliamo incontrarle…..Perciò le città saranno piene di ristoranti e caffè, al posto di negozi e cinema.”

Ogni cambiamento si sa è difficile da accettare. Lo stesso filosofo e scrittore Benvenuto lo sottolinea: “Ogni innovazione tecnologica puntualmente solleva le stesse reazioni: una ripulsa, che anche grandi intellettuali avallano con argomentazioni sofisticate.” E conclude: “Piaccia o dispiaccia, questo è il mondo di oggi.”

 

Voce al giornalismo su Blog

Christian Rocca (classe ‘68) laurea in giurisprudenza, giornalista, scrittore e blogger italiano.

“Non è la fine del mondo. È la fine del mondo che conosciamo.”

Così scrive Rocca nel suo blog.  La nostra società deve prepararsi ad un cambiamento epocale – spiega – e il virus sembra quasi che sia arrivato proprio per eliminare le ultime resistenze al mondo digitale. “Dopo il virus, non solo cambieremo abitudini e consumi, ma diventeremo un popolo pienamente digitale.” E’ probabile che lo streaming soppianterà le sale cinematografiche. La scuola e l’università a distanza diventeranno la quotidianità, “così come le perizie delle banche per concedere i mutui. La medicina sarà sempre più a distanza…Le aziende grandi e piccole hanno immediatamente capito che possono fare a meno, se non degli interi uffici perlomeno dei metri quadrati per ospitare tutti i dipendenti….lo sport professionistico sarà definitivamente un evento televisivo perché il social distancing cambierà le fondamenta della repubblica degli eventi …”

La conclusione di Rocca riporta le parole di una canzone dei R.E.M. «It’s the end of the world as we know it … and I feel fine». Il mondo che conosciamo è finito, e io mi sento bene.

 

Conclusione

In conclusione, figure emergenti dello scenario attuale, seppur con termini e ragionamenti completamente diversi, arrivano al medesimo epilogo. Sia la visione più scientifica, sia quella economica, passando per quella filosofica e psicologica, fino ad arrivare a quella più sociale, sostengono che il compito di tutti noi è quello di accettare il cambiamento. Il raggiungimento del successo a questa metamorfosi dipende proprio dalla nostra capacità di adattamento.

Cambiamento significa evoluzione, significa scoprire strumenti e tecnologie nuove che possono arricchire il nostro vivere quotidiano e la nostra professione.

Io sono fiducioso, le persone hanno raggiunto un livello di responsabilità encomiabile, stiamo lavorando tutti per farci trovare pronti a questa nuova ripartenza, che arriverà come ogni mattina arriva l’alba….dopo il buio sorge sempre il sole.

«Non dobbiamo aver paura che della nostra paura». Roosevelt