venerdì 20 agosto 2021

"La squadra che sogna"

“Noi non siamo la squadra dei sogni. Siamo la squadra che sogna. Sogna di vincere un’Olimpiade e faremo di tutto per vincerla. Se non ci riusciremo, non ci considereremo dei perdenti.”

di Eliana Battiston

"Al diavolo gli alibi. Siamo più forti, stiamo giocando meglio".

Con le Olimpiadi 2020 di Tokyo appena concluse, non posso che riprendere in mano il libro: “La squadra che sogna” di Giuseppe Pastore. È un testo avvincente su come un allenatore sconosciuto, o meglio un filosofo, sia riuscito a cambiare radicalmente la pallavolo italiana. Amo la pallavolo, fa parte della mia vita ormai da oltre 15 anni. Ho iniziato a fare i primi palleggi a 8 anni e da allora non ho più smesso. Per questo “La squadra che sogna” è un libro che ho letto con grande interesse e curiosità. Di seguito vi riporto alcuni miei commenti, ma anche alcuni spunti raccolti dai miei colleghi.

Un pezzo di storia

La squadra che sogna” è il libro che racconta una serie di avvenimenti che ruotano attorno a quello che possiamo definire un “miracolo” sportivo. Credo che molti hanno avuto modo di “vivere” questo tratto di storia, seguendo le partite cruciali, incollati allo schermo televisivo. Io ho percorso, grazie al libro, la ricostruzione cronologica, che dal 1989 al 1996, prende in esame i momenti salienti del volley nazionale.  I 7 anni di gestione Velasco vedono susseguirsi diverse competizioni sportive, dalla World League fino alle attesissime Olimpiadi, passando per gli Europei e i Mondiali. La narrazione vede come protagonista la pallavolo, ma alterna notizie legate alla politica, al calcio e alla musica di quel particolare periodo. Il pezzo di storia raccontato si focalizza in particolar modo attorno alla figura cruciale che ha dato vita al gruppo vincente del volley nazionale

Julio Velasco è un allenatore fino a quel momento quasi sconosciuto. Proprio nella squadra di pallavolo maschile italiana ha modo di sviluppare le sue doti di allenatore e ancora più di “manager”. La storia ha confermato quanto la mentalità “Velasco” abbia inciso nel creare una squadra di campioni invidiabile e invincibile. Il racconto ci fa vivere i momenti da protagonisti come se conoscessimo gli atleti, riuscissimo a riconoscere i loro punti di forza e i loro punti deboli. Le emozioni delle partite sono palpabili, vengono i brividi solo a leggere l’immensità e il caos del Maracanazinho o ancora al pensiero delle sofferte e indimenticabili olimpiadi di Barcellona.

La mentalità vincente

L’aspetto più affascinante del libro a mio parere è legato alla descrizione della figura cruciale di Julio Velasco. La grande novità è che il cambiamento generato da questo allenatore non è dovuto alla sola ricerca del talento, dote innata di un giocatore, quanto piuttosto alla costruzione di una mentalità vincente. E come ben sottolinea nei suoi innumerevoli discorsi, Velasco sa che la mentalità vincente non significa vincere sempre ma è una combinazione di professionalità, affiatamento tra i giocatori, desiderio di non mollare e provarci fino all’ultimo pallone.

In pochi anni riesce a tirare fuori la grinta dai suoi giocatori e creare un gruppo in cui ogni componente esiste in funzione della squadra. Possiamo paragonare la squadra ad una macchina che ottiene un risultato solo se i suoi ingranaggi lavorano all’unisono. Velasco è un leader che si fida dei suoi giocatori e li sfida in continuazione sia psicologicamente sia fisicamente, mette in discussione i ruoli, cambia gli schemi. Abbandona la comune idea di avere “sei titolari e sei riserve” perché il team è composto da 12 giocatori, allenatori, dirigenti ecc. e “si vince da squadra, si perde da squadra”.

“Gli occhi della tigre”

Il libro è piaciuto molto anche al mio collega Diego. Riporto di seguito le sue riflessioni. Un aspetto che lo ha colpito particolarmente è la capacità della squadra di risollevarsi sempre dalle critiche e dalle difficoltà. Secondo lui Velasco è l’allenatore che riesce, con grande lucidità mentale, a plasmare il carattere dei giocatori. In qualsiasi situazione ha la capacità di tirare fuori il meglio dai suoi atleti (i famosi occhi della tigre). Con questa immagine Velasco trasmetteva ai suoi ragazzi l’idea di di scendere in campo con la giusta risolutezza! “Bisogna essere aggressivi, non isterici; determinati, non furiosi.” 

Per Diego è vero che le partite e le competizioni sono vinte dai giocatori, ma è altrettanto vero che, chi guida la squadra può avere un buon 80% di merito sul risultato. L’allenatore che fa la differenza è quello in grado di creare gruppo, di tenere salde le “briglie” del team con serietà, determinazione e strategia  (il suo è un parere anche da giocatore di una squadra che conosce le dinamiche e i “problemi” di spogliatoio). Puoi avere i giocatori più forti del mondo ma se sono “cani sciolti”, dove ognuno fa ciò che vuole, è difficile che la squadra abbia successo. Velasco è stato un fenomeno in questo. Mettere insieme talenti diversi, unirli, mantenerli saldi nel tempo, gratificarli e castigarli quando necessario, facendo emergere i singoli talenti, mettendo ognuno al suo posto e nella condizione di rendere al meglio. (Diego)

Come un musicista

“Viviamo come un musicista, che in ogni momento della giornata, in ogni cosa che fa, pensa sempre alla musica che deve comporre. Se ci sono rumori per strada non li sentiamo.” Questa citazione del libro è piaciuta particolarmente al collega Silvio. Secondo Velasco è normale che un atleta focalizzi l’attenzione al momento esatto che si trova a vivere. E’ necessario concentrare tutte le energie e cancellare le distrazioni per raggiungere il risultato nel migliore dei modi. Esattamente come fa un musicista che sente solo la sua musica e non ascolta i rumori che lo circondano. (Silvio) Di fenomeni ce ne sono pochi, e per diventarlo serve tanta fatica, tanto allenamento e tanta tanta volontà. “Quante ore, giorni, anni di allenamento servono a un campione di pallavolo per rendere banale e meccanico un formidabile gesto di coordinazione psicomotoria come una schiacciata vincente?”

Parlare poco

Infine, secondo Valentina l’estratto più accattivante del libro è: “Bisogna parlare poco per dire tutto. Due o tre frasi a effetto non di più: un colpo al cuore, uno alla testa, uno all’orgoglio.” La mentalità Velasco nella gestione del gruppo è unica. Le sue parole sono adatte a qualsiasi leader non solo nell’ambito sportivo ma anche in qualsiasi professione. Non servono tante parole per spiegare al proprio gruppo cosa fare. Questo concetto è molto semplice ma anche molto forte. (Valentina

La pallavolo è uno sport imprevedibile dove è fondamentale trovare delle soluzioni istintive. Nei momenti cruciali non bisogna avere in testa schemi o discorsi difficili, ma solo semplici e immediati concetti. Forse dopo la lettura di questo libro potrà emergere una visione di questo sport meno banale, ma più intima e reale.

Testo realizzato in collaborazione con Anna Bonvicini