venerdì 18 agosto 2023

"La casa degli sguardi"

Una storia vera, potente, straziante che si conclude come un inno alla vita.

di Valentina Nadal

“Non serve capire, comprendere. Serve accogliere l’umano con tutta la forza che ci è concessa".

La casa degli sguardi” è un romanzo autobiografico di Daniele Mencarelli, pubblicato nel 2018 da Mondadori. E’ stato definito un libro sul coraggio, il coraggio di rinascere, dopo aver toccato il fondo e aver guardato in faccia la realtà, soprattutto quella più dolorosa.

“La casa degli sguardi” è un libro diretto, brutale, commovente, tutto tranne che scontato! Un libro che suscita emozioni forti, reazioni di pancia, commozione mista a inquietudine.

Leggere “La casa degli sguardi” è come entrare nella vita dell’autore, in una fase particolarmente drammatica. Alcune scene lasciano praticamente in apnea, il lettore viene catturato da un racconto doloroso, ma allo stesso tempo lenitivo per l’anima.

La storia

“La casa degli sguardi” fa riferimento, già nel titolo, all’abitazione di Daniele, autore e protagonista del romanzo. E’ un giovane poeta, stimato e riconosciuto nel mondo letterario, che si trova a vivere una profonda crisi esistenziale e artistica. La sua casa è un continuo alternarsi di sguardi, quelli preoccupati dei suoi familiari: in particolare la madre e il padre, ma anche quelli del fratello e della sorella. Sono preoccupati perchè Daniele non riesce più a controllare la sua vita. 

Ad opprimerlo è un male sconosciuto, “una malattia invisibile all’altezza del cuore, o del cervello“. Cerca rifugio nell’alcool, che pian piano si impossessa di lui, della sua vita, diventando una vera dipendenza. Una malattia che lo corrode lentamente, trascinando in questo dramma anche la sua famiglia. Ma lui continua a bere, perché un bicchiere e poi un altro e un altro ancora lo portano a vivere nella “dimenticanza”. 

Sì, la dimenticanza, è quella fase in cui l’alcool dissolve ogni cosa: i pensieri, le parole, i gesti, insomma la vita reale. La dimenticanza a volte è vista come un bene, perché annienta il peso di un’anima tormentata. Ma la dimenticanza è soprattutto il male, perché non permette di vivere, cancella la realtà.

La svolta arriva quando Davide decide di entrare nel mondo del lavoro. Firma un contratto con una cooperativa legata all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Proprio qui comincia la sua lenta e faticosa rinascita.

La rinascita

Rinascere significa riscoprire chi siamo e per farlo alle volte serve guardare in faccia la realtà. Davide, autore e protagonista del libro, riscopre il senso dell’esistenza lavorando in questo ospedale pediatrico. Si trova a vivere in una nuova “casa”, dove gli sguardi sono molti, spesso scomodi, drammatici e crudi. Ma tra questi corridoi, in mezzo a bambini ammalati e a genitori sofferenti, Davide inizia a farsi delle domande, trovando, alla fine, anche le risposte. 

Il percorso non è semplice. La sua fragilità viene scossa da una realtà crudele e difficile da accettare. Si trova a sopravvivere in mezzo alla sofferenza, a malattie inspiegabili e a scene che non hanno una giustificazione razionale. Proprio qui comprende che alle volte non serve capire ogni cosa, ma conta solo accettare l’altro e le sue sofferenze.

“Non serve capire, comprendere. Serve accogliere l’umano con tutta la forza che ci è concessa. Arrivare alla bellezza che non conosce disfacimento, nucleo primo e inviolabile. Fronteggiare l’orrore per sfondarlo”.

Il mio punto di vista

Da poco più di un anno ho iniziato a operare come clown di corsia. Conosco bene la sensazione che si prova quando si viene a contatto con il dolore degli altri, ancor di più quello dei bambini. In questi casi, non servono tante parole e neanche frasi complicate, la sofferenza è lì a portata di mano, basta osservarla per ritrovare equilibrio con la realtà. 

L’autore è riuscito a raccontare la sua esperienza di vita con grande semplicità e umiltà. A guidarlo sono gli sguardi dei bambini ammalati, quelli dei genitori preoccupati, o ancora quelli dei colleghi che lavorano all’interno dell’ospedale.

Anche per me, come per lo scrittore, non è stato semplice entrare in questo luogo di sofferenza e tensione. Ma la sensazione che si prova dopo, è mille volte più forte della preoccupazione che invade all’inizio. Entrare in contatto con questa realtà costringe a mettere a fuoco la propria esistenza e la sua bellezza. 

Fin dai miei primi servizi, mi è rimasta impressa una cosa: molto spesso sono i malati a trasmettere la forza e l’energia necessarie a supportarli. Può sembrare assurdo, ma è proprio così, le persone ammalate e sofferenti sono in grado di insegnarci molto sulla vita e sulla gioia di vivere. E, infine, ho imparato quanto sia vero che un sorriso può per cambiare la giornata, non solo a chi sta soffrendo, ma anche a noi nella vita di tutti i giorni.

Spesso siamo talmente presi dalla frenesia quotidiana che non ci rendiamo conto di quanto la vita ci regala ogni istante. Osservare chi soffre ci mette di fronte all’evidenza di ciò che conta veramente. Consiglio la lettura a chi ama i racconti forti, concreti e senza mezzi termini, che alla fine non sono altro che un’esaltazione del coraggio e della gioia di vivere.

testo realizzato in collaborazione con Anna Bonvicini